The Edge: il chitarrista incappucciato degli U2

Quando si pensa a chitarristi influenti si ricorda sempre Jimi Hendrix, Eric Clapton, Carlos Santana, i solisti più influenti insomma. Eppure c’è un chitarrista che suona da circa trent’anni in un gruppo e che non avrà fatto la storia dello strumento dal lato tecnico, ma sul lato immaginifico sicuramente. Si chiama David Howell Evans ma è noto come The Edge, chitarrista degli U2.

Da Sunday bloody Sunday a Pride, passando per Where the streets have no name e I still haven’t found what I’m looking for, il sound della band irlandese si caratterizza per la voce inconfondibile di Bono Vox ed il tappeto di chitarre creato da The Edge. Un tappeto che ad un ascolto distratto sembra un accessorio, non stiamo parlando di un chitarrista che si lancia in assoli alla velocità della luce, ma che è una parte fondamentale ed imprescindibile del suono della band, al punto di ispirare centinaia di chitarristi emuli in ogni angolo del globo.

Qual è il segreto di The Edge? La semplicità. Niente scale minori armoniche o tapping o Floyd Rose, le sue note provengono da classiche Gibson Explorer e Fender Stratocaster e da abbondanti tonnellate di delay, un effetto acustico molto simile ad un’eco, che il chitarrista degli U2 non usa, come la maggior parte degli adepti della sei corde, per colorare o abbellire il proprio sound bensì come vero e proprio elemento costitutivo del suono stesso, arrivando al culmine in Where the streets have no name, dove di tutte le note che sentite nell’intro ne vengono effettivamente suonate pressoché la metà, a creare una specie di botta e risposta tra l’uomo e lo strumento, atteggiamento mutuato dalla new wave, che il giovane David frequentava molto prima di rispondere presente alla chiamata di Larry Mullen per fondare i Feedback, embrione di quel che sarebbero diventati di lì a poco gli U2.

L’eclettico musicista, che possiede una collezione di oltre quaranta chitarre, è ad oggi considerato uno dei migliori chitarristi viventi, per la sua capacità di creare un suono immediatamente riconoscibile. Ne sono la dimostrazione le oltre 26mila persone che si sono accalcate a Torino in occasione dei due concerti della band irlandese, venerdì e sabato. Oltre ad essere la dimostrazione che il rock eterno, il rock che evita le mode ed anzi le costruisce, è nel cuore di tutti.

Ph. Credits: highlighthollywood.com
Ph. Credits: highlighthollywood.com

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